Il Capriolo
Capreolus capreolus
Foto Stefano Saetta
Su 53 specie appartenenti alla famiglia dei Cervidi 10 vivono in Europa alcune di queste introdotte. Una di queste è proprio il Capriolo che lo ritroviamo nel Parco Nazionale del Pollino.
Identificazione: Piccolo e di corporatura snella presenta una coda poco visibile poiché nascosta dal pelo, difatti presentano una macchia sul posteriore, con forma che differisce in base al sesso, nelle femmine a cuore rovesciato, mentre nei maschi è a forma di rene. Anche nella zona della gola per entrambi i sessi sono presenti una o due macchie di colore chiaro. Nelle femmine è presente un ciuffo di peli.
Colorazione: Il mantello d'estate è di colore marrone rossastro, con la parte posteriore giallastra; in inverno è invece marrone grigiastro con la parte posteriore bianca. Le corna presentano tre punte, sono completamente sviluppate a maggio e cadono in novembre-dicembre. Le femmine sono più piccole dei maschi; i piccoli presentano piccole macchie. Il verso del maschio è una sorta latrato molto acuto, mentre le femmine e i piccoli emettono dei fischi. La lunghezza va dai 95 ai 135 cm. L’altezza va dai 65 ai 70 cm. Il peso oscilla tra i 15 e i 27 kg.
Habitat & Comportamento: Zone boscose con radure e arbusti. È attivo sia di giorno che di notte, e predilige muoversi soprattutto al crepuscolo. Veloce ma poco resistente. In estate vive in modo solitario o in piccoli gruppi familiari mentre d’inverno tende a riunirsi in branchi. L’accoppiamento avviene tra luglio e agosto, e i piccoli, 1 - 2 per parto, vengono alla luce tra maggio e giugno. Sono allattati dalla madre per 2 - 3 mesi, e dopo un anno sono indipendenti. L’età media è di 16 anni.
Alimentazione: Erbe, foglie, germogli, faggiole, ghiande, castagne, frutta, frutti di campo e cereali.
Distribuzione: In Italia è presente soprattutto nella parte nordorientale, in molte zone dell’Appennino settentrionale sono presenti popolazioni introdotte. Altri nuclei sono quelli di Castel Porziano, nel Gargano e nei monti dell’Orsomarso nel Parco Nazionale del Pollino.
Foto Stefano Saetta
Il Capriolo presente nell'area del Parco Nazionale del Pollino presenta per il parco una funzione ecologica molto importante per l’ecosistema, in quanto, preda del lupo.
Il Capriolo del Pollino detto “Capriolo dell’Orsomarso” è una sottospecie autoctona di rilevanza scientifica, il Capriolo italico (Capreolus capreolus italicus).
Negli anni ’70, del Capriolo nel Pollino, si persero le tracce fino ad ipotizzare la sua scomparsa. Ma negli anni ’80, torna a farsi vedere nei cosiddetti Monti di Orsomarso, che vanno dal gruppo montuoso Caramolo, Palanuda a quello del Pellegrino, Mula e Montea, dove il territorio impervio ed incontaminato ha consentito la sopravvivenza di alcuni esemplari e negli ultimi tempi il numero sta crescendo.
Il Cerambice Morimus Asper ... il Pisasale!
A spasso per i boschi del Pollino ci sarà capitato di imbatterci in un curiosissimo coleottero dalle lunghe antenne!
Il Cerambice Morimus
- Ordine: Coleotteri
- Famiglia: Cerambydaceae
- Genere: Morimus
- Specie: Morimus Asper (Sulzer 1776)
Presente in molte zone dell’Europa ed ovviamente in Italia, svolge una fondamentale ed importante funzione, del resto come tutti gli altri coleotteri, in quanto vive e si nutre in boschi di conifere e latifoglie ad altitudini che arrivano fino ai 1500 m s.l.m., dove troviamo legno ormai morto.
La sua presenza è legata ai seguenti alberi:
- Quercia
- Faggio
- Carpino
- Ontano
- Salice
- Pioppo
- Pino
- Abete
- Larice
I Cerambicidi caratterizzati da lunghe antenne sono chiamati con l'appellativo di "Longicorni", caratteristica che li rende facilmente riconoscibili. Il Moribus presenta una coriacea corazza, il corpo di forma allungata e raggiunge una lunghezza che va dai 15 ai 40 mm. Non avendo ali non è in grado di volare, anzi il suo andare è molto lento. Si caratterizza per il suo colore grigio-nero e presenta sulla sua corazza una spiccata forma granulosa, (l’appellativo ‘asper’ che gli è stato assegnato è in riferimento alla superficie ruvida del suo corpo) con macchie scure sulle elitre. Le sue antenne, lunghe e sottili (a volte smisurate nei maschi) sono potenti e fondamentali organi sensoriali.
La larva è marcatamente polifaga, ovvero si nutre di legno di diverse tipologie di albero, mentre la dieta degli adulti si basa su elementi vegetali. Si muovono di notte per andare alla ricerca di foglie, cortecce e quant'altro stuzzichi il loro appetito! Anche per l’accoppiamento e la deposizione delle uova prediligono le ore notturne.
Tra le tante curiosità una riguarda la fase della conquista della femmina, che vede questi coleotteri tendenzialmente tranquilli, avere delle lotte eccessivamente cruente che portano in qualche caso a riportare gravi ferite o addirittura a perdere qualche zampa.
Le femmine dopo l’accoppiamento depongono le uova nei tronchi di alberi ormai morti, e dopo circa 20 giorni le uova si schiudono e le piccole larve avranno tutto l’occorrente per il loro nutrimento.
Curiosità:
- Se molestato il Morimus è in grado di emettere suoni striduli, sfregando le articolazioni del torace.
- Può vivere fino a 2 anni.
- La fase di attività maggiore va da marzo a ottobre.
- Il termine ‘Morimus’ deriva dalla parola greca ‘Mòrimos’, che significa ‘destinato a morire’.
- Nel gergo locale viene chiamato con il nome di Pisasale!
Foto Gaetano Sangineti
Il Codibugnolo
Il Codibugnolo è un uccello di piccole dimensioni, che frequenta boschi, siepi e arbusti. Lo si vede spostarsi attraverso le fronde degli alberi o tra le siepi in uno o due esemplari per volta. Di difficile osservazione, molto timido ed estremamente dinamico durante l'alimentazione, a terra lo si nota con la coda sollevata.
Descrizione:
Corpo tondeggiante e una lunga coda
Capo e il corpo tondeggianti
Becco di piccole dimensioni
Coda lunga e sottile
Colore bruno giallastro con una barra nerastra sopra l'occhio che si estende fino al dorso nero;
Ali scure
Spalle rosa scuro
Sfumato di rosa nelle parti inferiori del corpo.
Il giovane è più scuro, privo di rosa.
Costruisce un nido compatto realizzato con muschi e licheni.
Foto Gaetano Sangineti
Il Lupo nel Pollino
Tra le componenti di maggior rilievo della fauna presente nella nostra regione e nel Parco Nazionale del Pollino, sicuramente il lupo è da sempre la specie che più di ogni altra ha colpito l’immaginazione dell’uomo. In molte culture il Lupo è considerato il simbolo del male, della natura ostile e pericolosa, in altre venerato come un dio e ritenuto più saggio e più furbo dell’uomo. I retaggi di natura culturale e psicologica nei suoi confronti, le sue esasperate (e molto spesso irreali) capacità predatorie, sono i motivi che da sempre hanno determinato una forte ostilità nei confronti della specie). Questo fiero predatore, non presenta in realtà alcuna differenza con gli individui di lupo appenninico presenti sul reso del territorio nazionale, di dimensioni inferiori rispetto ai parenti americani o nord europei, il peso assume valori intermedi che oscillando in media tra i 20 ed i 35 kg e comunque non superando punte massime di 40-45 kg, rispetto ai maschi le femmine hanno in genere peso e dimensioni leggermente inferiori. La colorazione del lupo in Italia è prevalentemente grigia- fulva, con tonalità tendenti al marrone-rossiccio più tipicamente durante il periodo estivo. Il lupo ha arti lunghi, zampe larghe e un'ottima capacità di resistenza grazie alla quale può coprire oltre 30 km con un passo detto “trotto costante” con alla velocità di 6 -10 km/h.
L'odorato è il senso più sviluppato, il suo olfatto è infatti 100 volte più sensibile di quello dell'uomo e può individuare la sua preda a più di un chilometro di distanza. I lupi sono animali sociali, e vivono in branchi. Di solito il branco si origina da una coppia i cui figli restano con i genitori anche dopo aver compiuto un anno; altrimenti essi possono allontanarsi ed occupare nuovi territori. Nel branco vige una rigida gerarchica, il rango più alto è occupato da un maschio dominante e segue una femmina dominante e via via tutti gli altri individui. All'interno di un branco tipo di lupi si ritrova una coppia dominante (detta alfa), un individuo o una coppia immediatamente successiva in importanza (detta beta), alcuni individui di medio rango fino ad arrivare ad uno o più lupi di rango inferiore (detti omega). Gli alfa comandano tutto il gruppo, i beta dirigono i lupi di medio livello e tutti gli adulti comandano gli individui di medio e basso rango. Mentre i due estremi della gerarchia tendono all'immutabilità dei ruoli, eccetto i casi di ferimenti o morte, è il medio rango ad essere più dinamico socialmente. Una diversa considerazione invece spetta ai cuccioli, che fino all'età della maturità sessuale restano fuori da questi delicati equilibri, mentre le femmine sono sempre in seconda posizione rispetto al maschio pari grado. Da sempre il versante sud occidentale Calabro del Parco Nazionale del Pollino “il Massiccio del Pellegrino e la Mula e Montea”, conosciuti inopportunamente come i “Monti dell’Orsomarso” tutt'oggi offrono paesaggi selvaggi e incontaminati dal grande valore botanico e naturalistico, considerate tra le ultime zone Wilderness d’Europa, da sempre sono state una delle aree di maggiore importanza per la sopravvivenza del lupo in Italia. Infatti, anche negli anni di più grave declino del Lupo, quando la specie è stata sull’orlo dell’estinzione nel nostro Paese, proprio in queste zone, era presente una delle popolazioni più vitali ed attive del mezzogiorno e l’area rappresentava l’estremo limite meridionale di diffusione e di conservazione della specie;
Sui massicci calabresi e pochi altri massicci dell’Appennino centrale e meridionale il lupo è riuscito a sopravvivere ai decenni più bui e proprio da questi nuclei è iniziata la lenta ricolonizzazione spontanea della penisola e delle Alpi.
È importante sottolineare che in Italia non sono mai stati effettuati interventi di reintroduzione o di ripopolamenti di lupi in ambiente selvatico (come invece raccontano molte leggende metropolitane), ma la ripresa demografica della specie è un processo naturale determinato da diversi fattori come il regime di protezione accordatogli Distribuzione del lupo in Italia nel 2015.
Si è passati dalla persecuzione sistematica dell’uomo, all'incremento delle popolazioni di prede selvatiche, e con l’istituzione di aree protette si è avuta una maggiore consapevolezza dell’importante valore ecologico della specie.
Non è facile stimare il numero di esemplari presenti nell'intero comprensorio del Parco Nazionale del Pollino proprio perché sono animali schivi all'uomo , i dati relativi alla specie in questa enorme area sono piuttosto frammentari e discontinui, sicuramente in forte crescita, ovviamente i dati disponibili fanno riferimento alle indagini condotte da alcuni esperti specialisti Etologi e tecnici, che dichiarano accertando la presenza, nell'area del Parco di diversi branchi di lupi, composti da un numero minimo di 3-4 individui ciascuno.
Per questo monitoraggio gli esperti, utilizzano delle particolari tecniche di indagine, riuscendo ad individuare alcune aree utilizzate per la riproduzione, in particolare con la tecnica del wolf-howling accertando la riproduzione di diversi branchi e contando i cuccioli nati. Tale tecnica consiste nel stimolare la naturale capacità di riposta dei lupi ad uno stimolo sonoro, facendo risuonare degli ululati registrati; in questo modo, contando il numero di ululati diversi si ottiene la stima della popolazione. Un’altra tecnica più comune lo snow-tracking “Tracciature su neve” è una tecnica di campo che, mediante l’individuazione delle tracce impresse su neve, consente di pervenire essenzialmente a tre importanti informazioni: presenza/assenza della specie; stima della consistenza numerica e interpretazione della dinamica spazio-temporale degli spostamenti dei lupi all'interno del loro territorio.
Foto-videotrappolaggio
La tecnica del foto-videotrappolaggio consiste nell'uso strumenti capaci di fotografare e/o filmare che vengono collocate nell’area di studio e si attivano automaticamente mediante un sensore di passaggio, così da ottenere foto o video di un animale al suo passaggio davanti al sensore. Attraverso le foto-videotrappole è dunque possibile verificare la presenza di lupi all'interno di un territorio, il numero di individui e la composizione del branco e l'eventuale riproduzione, nel caso in cui vengano ripresi anche i cuccioli; inoltre fornisce dati oggettivi in un lasso di tempo notevolmente ridotto e spesso informazioni supplementari sul fenotipo degli individui fotografati e le condizioni fisiche esteriori che possono dare indicazioni sullo stato di salute dei soggetti fotografati o filmati.
Radiotelemetria
La radio-telemetria è una tecnica che permette di seguire un animale a distanza tramite la ricezione di impulsi radio. Essa implica la cattura di esemplari presenti sul territorio, la collocazione di un’unità di trasmissione posta sugli stessi (radiocollare), l’immediato rilascio e la loro successiva localizzazione che fino a qualche anno fa veniva effettuata tramite un’unità ricevente (radio ricevente) collocata ad un’antenna direzionale. È una vecchia tecnica, che implica un grosso dispendio di energie, utilizzata anche tutt'ora tra “radioamatori per triangolare e chiudere un’area con segnali radio ricevuti, conosciuta come “Caccia alla volpe”.
Oggi le moderne metodologie e tecniche scientifiche hanno fatto grandi passi ed utilizzano sistemi moderni all'avanguardia, con collari satellitari o gps- gsm al posto dei tradizionali, in grado di seguire gli spostamenti mediante la raccolta di dati di posizione dal satellite e trasmessi usando la rete dei cellulari e sistemi dati (3G/4G probabilmente a breve 5G) ottenendo risultati interessanti molto più precisi con sforzi minori.
Stefano Saetta